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Agricoltura e industrie affini
Agricoltura senza caporalato
Agricoltura senza caporalato
Riferimento: 9788868436544
Editore:
Donzelli
Autore:
Di Marzio F. (cur.)
Collana:
Saggi. Storia e scienze sociali
In commercio dal:
21 Settembre 2017
Pagine:
212 p., Libro in brossura
EAN:
9788868436544
29,00 €
IVA inclusa
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Descrizione
Il fenomeno del caporalato, insieme a quello del lavoro nero, presente soprattutto nel settore agricolo, interessa tutto il nostro paese, con punte preoccupanti nell'Italia meridionale. Esso consiste nel reclutamento illegale di lavoratori che vengono impiegati, per lo più a giornata, nei campi, per essere messi a disposizione di un'impresa. I caporali, spesso collegati con organizzazioni criminali, sono i mediatori tra le imprese e i lavoratori, italiani o stranieri in stato di bisogno. Questi ultimi si trovano dunque in una posizione debole dal punto di vista economico e sociale, e sono facilmente esposti allo sfruttamento. Il lavoro viene altamente sottopagato, tanto da essere considerato una nuova forma di schiavitù. I turni, lunghi, faticosi e fuori da qualsiasi norma di diritto, sono accompagnati da varie forme di violenza, maltrattamenti e intimidazioni. Per spezzare la catena dello sfruttamento, al fine di combattere questo fenomeno così vergognosamente diffuso, è necessario conoscerne in maniera precisa le dinamiche, analizzando i contesti all'interno dei quali questa pratica trova terreno più fertile. Il libro risponde a questa necessità attraverso un'indagine affidata a studiosi di varia provenienza, dai giuristi agli storici del lavoro, dagli economisti ai filosofi e ai letterati, fino al saggio fotografico appositamente realizzato per questo volume da Fabrizio Sacchetti. Una riflessione a più voci, dunque, su un fenomeno che interessa la società civile nella sua interezza e nei suoi fondamenti e che richiede di essere posto al centro del dibattito, all'insegna del comune impegno per la costruzione di una comunità di vita in cui i diritti di tutti siano riconosciuti. Prefazione di Gian Carlo Caselli.
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